Registrare la voce è un’arte e in uno studio di registrazione è forse la pratica più delicata che un tecnico del suono deve affrontare. La regola principale è una e non lascia spazio ad interpretazioni: vietato sbagliare.
Registrare la voce: ma quale voce?
Il nostro orecchio è molto sensibile alle frequenze medie tipiche della voce umana, ed è facile immaginarne il motivo. Questo ci rende molto recettivi a tutte le sue sfumature. Ecco allora che l’impatto di una buona produzione passa principalmente per la migliore registrazione possibile della voce. Il problema nasce dal fatto che il timbro umano è una delle caratteristiche più variabili che una persona può avere. Registrarlo non significa quindi imparare una regola e applicarla all’infinito, piuttosto si tratta invece di avere l’elasticità e l’orecchio per utilizzare diverse tecniche, diversi microfoni e – praticamente – una diversa catena audio in base al tipo di voce e al modo di cantare che ci troviamo di fronte. Le infinite possibilità sono limitate solo dall’apparecchiatura che abbiamo a disposizione.
In questo articolo cercherò di raccontare una tipica registrazione al Lipstick Studio, tralasciando le diverse opportunità disponibili e il contesto del mix, per concentrarci su una registrazione “standard”. Considero standard una pratica operativa che generalmente mi fa ottenere un ottimo risultato finale, utile in situazioni diverse.
Registrare la voce: il microfono
Subito dopo la bravura del performer, viene il microfono. Si tratta del primo anello della catena e dell’elemento che caratterizza maggiormente la ripresa a livello timbrico. Un microfono non vale l’altro e la scelta è cruciale tra i giganti a diaframma largo. Generalmente, mi trovo ad utilizzare un Ribera R47, un microfono valvolare incredibile progettato da Silvano Ribera sulla base del Neumann U47, il top assoluto per la registrazione di voce e non solo (come dicevo: zero compromessi sulla ripresa della voce). Con voci particolarmente problematiche sulle sibilanti, invece, opto per un Lauten Audio Clarion FC-357, un microfono a stato solido. Quest’ultimo, infatti, pur essendo più “medioso” ha la caratteristica di smussare molto le frequenze più alte, eliminando qualsiasi problema sul nascere. Per le backing vocals il discorso cambia completamente, ma di questo ne parlerò in un altro articolo.
Posizionamento del microfono
Uno degli aspetti poco dibattuti eppure molto importante è quello che riguarda il posizionamento del microfono. I microfoni a diaframma largo possono cambiare anche radicalmente la risposta in frequenza e la dinamica in base alla posizione in cui questo si trova rispetto alla sorgente. Alcuni problemi tipici come nasalità e sibilanza possono essere risolti o attenuati con una oculata ricerca della giusta posizione. Già sappiamo, ad esempio, che le “s” e le “sh” – insomma, le sibilanti – sono frequenze molto alte e quindi molto direzionali. Questo ci suggerisce che una posizione più inclinata del microfono rispetto alla bocca può venirci in soccorso. Quindi vale sempre la pena investire tempo sul posizionamento prima di decidere di fare un compromesso cambiando un microfono che forse risolve il problema, ma che non restituisce il timbro ottimale rispetto ai nostri scopi. Non mi soffermo sull’anti-pop: è un accessorio assolutamente fondamentale per bloccare sul nascere gli effetti collaterali della consonanti plosive (o occlusive)
Registrare la voce: il preamplificatore
Il preamp è il secondo anello della catena. In studio c’è una serie di possibilità, ma – come già detto – ne racconto solo una. In questo caso, quindi, il segnale del microfono sarà preamplificato da un BAE 1073. E’ un preamp molto colorato e con una timbrica, quella del 1073, utilizzata negli studi più importanti di tutto il mondo. Nel caso in cui io voglia ottenere una voce più pulita, terrò al massimo la manopola grigia del trim, tenendo al minimo possibile quella rossa dell’Input Gain. In questo modo si ridurranno quelle distorsioni (seppure molto ricercate da questo preamp) che i trasformatori St Ives (Carnhill) possono eventualmente dare come colore. Il 1073 è la mia prima scelta anche perché ha la caratteristica di ammorbidire i transienti e sulla voce questa cosa funziona molto bene.
Equalizzazione della voce (1)
Una volta impostato il guadagno in ingresso in modo che le parti cantate con maggiore vigore non vadano in clip sul convertitore A/D (Analogico / Digitale), è il momento di lavorare un po’ sul suono. Il già menzionato 1073, oltre ad essere un preamplificatore, è anche un bellissimo equalizzatore. E’ molto sensibile, quindi bastano pochi movimenti delle manopole per cambiare anche di tanto il suono di partenza. In questa fase, comunque, creo il suono vero e proprio della voce. Generalmente, come prima cosa, imposto l’HPF (High Pass Filter, il filtro passa basso) a seconda della necessità, dopodiché cerco le frequenze che per quella voce sono cruciali (in senso positivo) per enfatizzarle. Inutile che io scriva dei settaggi: ogni voce è diversa e cercare il suono giusto richiede sempre il suo tempo.
Controllare la dinamica della voce: la compressione
Qui la questione è molto difficile da generalizzare. Ogni timbrica ha la sua peculiarità, quindi difficilmente uso lo stesso tipo di compressore due volte di seguito. Per andare sul sicuro, diciamo che una buona percentuale di volte mi trovo ad utilizzare un compressore ottico-valvolare in perfetto stile LA-2A. Uso infatti un IGS One LA. Dal momento che in mix probabilmente comprimerò ancora, durante la registrazione preferisco usare impostazioni molto leggere, giusto per controllare i picchi più importanti, non più di 2-3 dB di attenuazione (GR – Gain Reduction). Se la voce è particolarmente dinamica, allora preferisco usare il DBX 560A (modulo in serie 500 del celebre 160A) per stare sul sicuro.
Equalizzazione della voce (2)
Tocco finale. Ancora un equalizzatore? Perché? In studio posso disporre di un Pulse Techniques Pultec EQP-1S, un bestione valvolare che riesce a dare una marcia in più a qualsiasi sorgente si trovi a passarci dentro. Ad esempio, nel caso specifico della voce in ripresa, spesso lo uso per dare “aria” enfatizzando le frequenze più alte. Operazione delicata che solo un Pultec riesce a fare senza tirare su le sibilanti. Anzi, questo EQ rende tutta la voce più morbida e gradevole, ma anche più “grande”. Pura magia.
Conclusione
A questo punto la voce è pronta per essere editata e mixata nel mio progetto. Avrei voluto dire di più, ma la verità è che cercare di parlare in modo generico di come registrare la voce è davvero complicato. Come già detto, ci sono infinite realtà e infinite soluzioni. Al di là del fatto che si può decidere di registrare ottimamente anche senza una catena che comprende processori di dinamica o filtri, mi è comunque difficile immaginare di realizzare un prodotto di alto livello senza una voce registrata correttamente e con tutte le attenzioni del caso. Questa è la mia filosofia e – ne sono certo – è condivisa con la maggior parte degli artisti e dei tecnici del suono. In ogni caso, qui al Lipstick Studio si fa così.
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