Può essere molto stimolante e gratificante, eppure registrare la chitarra elettrica non è sempre così semplice. Tante armoniche significano tanta responsabilità. Inutile dire che esistono diversi approcci e questo è solo uno dei tanti modi per ottenere il risultato. Non parlerò qui di registrazione in presa diretta con una D.I. (Direct Injection) e neppure degli emulatori software, magari sarà per un altro articolo. Racconterò una classica ripresa con microfono e ampli. Ecco quindi una giornata tipo con la chitarra elettrica al Lipstick Studio.
Registrare la chitarra elettrica: lo strumento
Come sempre, si parte dalla radice dell’albero. Valgono gli stessi concetti espressi per la chitarra acustica, ma con qualche differenza. Vediamo allora quali sono le operazioni preliminari:
Setup
- Manutenzione:
- Un setup fatto da un liutaio evita che ci siano rumori molesti lungo tutta la tastiera, come vibrazioni fuori controllo, meccaniche deboli, ponte mobile (se presente) che non mantiene la posizione e truss rod con un arco ben regolato. Oltretutto è bene controllare che le ottave siano corrette, in modo tale da avere note intonate su tutti i tasti. E’ importante anche l’action, cioè la distanza tra le corde e la tastiera: se sono vicine, il chitarrista può suonare più agilmente, ma l’effetto dei magneti dei pickups potrebbero fermare la vibrazione delle corde prematuramente, accorciando il sustain dello strumento. E’ sempre una questione di compromessi.
- Corde nuove:
- E’ indispensabile effettuare il cambio di corde appositamente per la sessione di registrazione. Le corde sono il primissimo anello dell’intera catena (dopo il musicista) e quando sono nuove dispongono ancora di tutta l’elasticità e le armoniche possibili. Armiamoci di pazienza e cambiamo sempre la muta di corde prima di registrare la chitarra elettrica.
- Accordatura:
- Può sembrare banale, ma non lo è. Una registrazione con la chitarra scordata o con un’accordatura superficiale non è una buona registrazione. E siccome abbiamo appena cambiato le corde, nonostante il tiraggio effettuato, sarà comunque necessario correggere l’intonazione molto spesso, anche tra una take e l’altra. Le corde hanno bisogno di stabilizzarsi. Teniamolo a mente durante il concitato momento creativo della registrazione. Ci vuole pazienza.

Pickups: single coil o humbucker
- Single coil: questi trasduttori elettrici presentano un avvolgimento ad una singola bobina. In linea di massima, hanno un suono molto dinamico e caratteristico. Basti pensare alla Fender Telecaster o al pickup P-90 montato sulle prime Gibson. Lo definisco un suono “vibrante” e “vivo”. Di contro, raccolgono le interferenze radio e magnetiche con molta facilità. E’ bene tenerne conto quando si progetta di distorcere molto il suono, in quanto tireremo su anche tutto il rumore.
- Humbucker: qui gli avvolgimenti attorno ai magneti sono due. Questa tecnologia permette di eliminare le interferenze e quindi il pickup risulta essere molto più silenzioso rispetto al single coil. Diciamo che su chitarre distorte potrebbe essere la scelta più comoda, ma tutto dipende dal suono che si vuole ottenere. Io, ad esempio, non rinuncio ad un bel suono distorto di una Telecaster particolarmente arrabbiata. Rumori inclusi.

Pickups: attivi o passivi
- Pickups passivi: non hanno bisogno di alimentazione aggiuntiva. Un po’ come per i single coil, al mio orecchio piacciono molto, li trovo più vivi e soprattutto più dinamici rispetto a quelli attivi.
- Pickups attivi: sono alimentati con una batteria, generalmente da 9V posta dietro la chitarra. Qui l’impedenza è minore e dobbiamo quindi adeguare la nostra pedaliera in funzione di questo. Ecco perché in alcuni ampli è presente un doppio ingresso, uno per chitarre con impedenza minore ed una maggiore, così non si rischia di mandare in sovraccarico la sezione preamplificatrice. Con i pickups attivi può succedere di avere una minore dinamica e un suono “preimpostato” che reagisce meno a tutto il resto della catena, pedali e ampli inclusi, rispetto alla controparte passiva (dipende poi sempre dalla qualità costruttiva e dei materiali). Il che può essere un bene, tutto sta a decidere dove arrivare. La chitarra attiva può essere la più aggressiva in caso ci sia bisogno di suoni particolarmente heavy. Basti pensare alle chitarre che montano pickups attivi EMG 81 e 85: una configurazione che lascia poco scampo a interpretazioni.

Registrare la chitarra elettrica: il chitarrista
Il chitarrista non è solo il tizio che suona la chitarra. Egli stesso è il suono di chitarra. Può sembrare un’esagerazione, eppure provate a mettere la stessa chitarra in mano a diversi bravi chitarristi e scoprireste quant’è vera questa affermazione. Quindi vale la pena considerare chi dobbiamo registrare e in che modo suona. Non mi dilungherò molto, ma la scelta dello stile, del plettro, della tecnica utilizzata e della parte specifica da registrare sono elementi che influenzano molto le scelte che dovrò affrontare. Registrare la chitarra elettrica in modo ottimale è un percorso. Prima di cominciare la sessione, meglio consultarsi con il musicista, conoscersi e discutere sugli obiettivi da raggiungere. Questo è tempo investito e facilita l’arduo compito di rendere perfetto il suono sul mix.

Pedaliera, pedali e pedalini
Impossibile parlare di registrare la chitarra elettrica senza menzionare i pedali. Vista la complessità e la varietà di pedali in commercio, diciamo solo che come tecnici di studio dobbiamo considerare che il suono di cui potremmo aver bisogno potrebbe passare anche attraverso una catena di pedali analogici e/o digitali. Quando registro le chitarre per i miei progetti, utilizzo moltissimo i pedali disponili in studio con cui riesco a creare sempre il suono che cerco. Qui apro un inciso: il “suono che cerco” non è il suono che va bene dal vivo, ma che è ottimizzato per lo specifico progetto e – ancora di più – per lo specifico mix. Tornando ai pedali, il chitarrista probabilmente ha già studiato la sua catena preferita e non resta che arrivare finalmente all’ampli.

Amplificatore e distorsione
In studio, utilizzo principalmente un Peavey ValveKing 112. Si tratta di un ampli valvolare da 50W, un combo al quale ho sostituito il cono stock con un bellissimo Warehouse Retro 30, scelta di cui ancora mi compiaccio. Il Retro 30 è capace di cambiare completamente la risposta dell’ampli stesso aumentando armoniche e dinamica.
In studio non serve necessariamente un cono enorme per ottenere una grande chitarra: è tutta la catena che è importante. Non uso praticamente mai la distorsione del Valveking, preferendo quella del pedale BlackStar HT-Dual o quella degli altri pedali disponibili allo scopo (T-Amp T-Fuzz, Electro Harmonix Metal Muff, un clone dello Zvex Fuzz Factory, ecc.). Parlando di distorsione, quando sto cercando un suono particolarmente aggressivo, abbasso il gain (esatto, lo tiro giù!) registrando più tracce di chitarra. L’effetto è più avvolgente rispetto ad una sola chitarra con molto gain. Se usassi troppo guadagno su tutte le chitarre otterrei un suono globale quasi “violinistico”. Chi ha un po’ di esperienza in merito sa di cosa sto parlando. Insomma, è controproducente. Varrebbe la pena scrivere un articolo solo sulla chitarra distorta, vedremo.
C’è anche chi preferisce utilizzare la distorsione più calda di un ampli completamente imballato, quella in cui è il cono a saturare. Infinite possibilità. Tornando all’amplificatore, per chiudere l’argomento, c’è da dire che un ampli valvolare ha sempre e comunque bisogno di volume, sia per una chitarra distorta che per una crunch e vale lo stesso per una clean. Infatti, c’è un volume esatto di uscita in cui le valvole del finale lavorano in modo ottimale e l’ampli comincia a suonare davvero bene.

I microfoni
I microfoni che che mi trovo ad usare di più, quando devo registrare la chitarra elettrica, sono sostanzialmente due:
- Shure SM 57: Il primo assoluto della lista. Impossibile parlare di microfoni davanti a un cono senza menzionarlo. Il re indiscusso, se piazzato estremamente vicino alla griglia. E’ il suono di innumerevoli dischi rock (e non) tra i più famosi di sempre. Questo dinamico sembra fatto apposta, perché riesce a riprendere le frequenze chiave della chitarra e a gestire dB SPL impressionanti. In più, essendo anche direzionale, limita tantissimo i rientri dell’ambiente. Il close miking per eccellenza.
- Golden Age R1 Active MK III: si tratta di un ribbon, un microfono a nastro “attivo” (cioè con una sezione amplificatrice FET buffer, cosa inusuale per un microfono a nastro). Questo genere di microfoni funzionano molto bene sulle chitarre di ogni tipo. Sulle hi-gain, ad esempio, restituiscono un suono “caldo” smussando le armoniche più alte e problematiche.

Qualche volta utilizzo un condensatore a diaframma largo nel caso abbia bisogno del super dettaglio, ma qui vorrei parlare di una registrazione “tipo”, cercando di generalizzare per quanto possibile.
Il posizionamento
Come per tutto, c’è bisogno di pazienza. Muovere il microfono davanti al cono del Peavey è un’operazione che mi porta sempre via del tempo, anche se ho comunque già trovato degli hot spot preventivamente contrassegnati con del nastro isolante. Trovo che questa configurazione, con il cono del Warehouse, dia il meglio di sé con il microfono in asse, quasi a metà tra il bordo del cono e il suo centro. Ma lo considero solo un punto di partenza e non rinuncio a provare nuove posizioni nel caso in cui il suono non sia soddisfacente al cento per cento.
Multi-microfonazione
Quando ritengo sia necessario, uso i due microfoni sopra menzionati in tandem, miscelando poi i due suoni risultanti alla bisogna. Qui è importante controllare la fase, non solo perché questa può creare problemi, ma anche perché si può sfruttare in modo creativo. I suoni che si possono ottenere con le cancellazioni di fase parziali tra due microfoni non si possono ricreare in alcun modo con un equalizzatore. La fase rappresenta, quindi, uno strumento aggiuntivo per il sound shaping.
Registrare la chitarra elettrica: il preamp
Se dovessi scegliere uno e uno solo tra i preamps adatti a registrare la chitarra elettrica, sarebbe di certo l’API 512C. Questo preamp è iper-dettagliato e il modo di gestire le frequenze medie e basse, il suo timbro caratteristico e una dinamica molto controllata sulle frequenze più basse, lo rendono uno dei più utilizzati in assoluto nell’industria discografica di tutto il mondo. E’ la mia prima scelta. Ma se sto cercando delle chitarre, magari clean e molto “rotonde”, preferisco passare il segnale del microfono dentro un BAE 1073. Con quest’ultimo, oltre al bellissimo EQ, posso sfruttare la distorsione tipica dei trasformatori St Ives (Carnhill) ruotando quanto basta la manopola del’input, bilanciando il tutto regolando il trim dell’output. Armoniche à gogo. In questa fase la cosa più importante è non mandare in sovraccarico i convertitori, quindi occhio al meter.

Registrare la chitarra elettrica: l’equalizzatore
Da questo momento in poi, scegliere se continuare a lavorare il suono oppure rimandare alla fase di mix è una scelta opinabile. Ognuno fa quello che ritiene opportuno. A me piace avvicinarmi il più possibile a quello che definisco “mix ready” sfruttando le macchine finché mi trovo ancora nel dominio analogico. Correzioni di fino preferisco farle una volta entrato nella DAW per sfruttare gli EQ software capaci di campanature molto strette e una trasparenza assoluta.
Qui siamo ancora in fase di sound shaping e quindi passo tutto il suono, che ormai dovrebbe essere ben calibrato, dentro un API 5500. Questa macchina suona davvero molto bene e riesce a dare qualcosa in più già solo disattivando il by-pass. Un piccolo prodigio. I miei interventi qui sono mirati ad enfatizzare le caratteristiche migliori della chitarra. Impossibile stilare una tabella delle frequenze, ogni volta mi muovo in modo diverso a seconda del tipo di sorgente e del risultato che voglio ottenere. Non mi spaventa fare anche dei boost importanti, se la cosa funziona.

Registrare la chitarra elettrica: processore di dinamica
Qui si apre un mondo. Oppure no. Intanto perché è probabile che non ci sia necessariamente bisogno di usare un compressore o un limiter, quindi va valutato caso per caso. Se si presenta l’occasione di doverlo usare, mi pace colorare ancora un po’ il suono utilizzando un IGS Volfram Limiter, un bellissimo compressore sviluppato da IGS Audio sul progetto dell’UREI 1176. Quest’ultimo ha la caratteristica di aggiungere armoniche gradevoli alla sorgente e ha la capacità di avere sia attacco che rilascio estremamente veloci. Altre volte mi piace passare la chitarra dentro il Chandler Limited TG1 Limiter, un bestione che, grazie alla sua fitta rete di diodi, fa della sua timbrica il suo punto forte.

Conclusioni
E’ difficile raccontare in modo generico la registrazione di una chitarra elettrica. Questo qui è solo uno dei modi validi e non è detto che io lo esegua alla lettera. Va preso come un punto di partenza sulla quale ragionare e prendere tutte le decisioni del caso. Bisogna sempre adeguarsi alle esigenze del musicista e del risultato che si vuole raggiungere. Avrei ad esempio potuto parlare della catena effetti a pedale registrati su un canale separato, oppure di come a volte si può splittare il segnale della chitarra per gestire sia il suono della D.I. che quello del microfono. Preferisco quindi studiare ogni registrazione caso per caso. Il risultato ripaga. Se ti piace come lavoro, contattami per realizzare la tua produzione.
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